non abbagli la luce matta che, sugli schermi delle pagine, proietta comiche a rapidi scatti: una schermaglia rodomontesca con due mosche fastidiose; una rissa con attori che sbaccanano e come palla si involvono e rotolano, con braccia e gambe che si agitano, tra pugni e morsi, e lampi di lama; un commissario con un occhio pesto e un orecchio morsicato, che per "scangio" viene arrestato dai carabinieri; una servente che prende a padellate e fa prigioniero un intruso, che l`ha distolta dalle occupazioni culinarie; un signore ben curato e ben vestito, che piu` volte va a un appuntamento: a vuoto sempre, e deluso. e c`e` anche il remake di una scenetta antica e surreale (dal "libro mio" di pontormo passata a "il contesto" di sciascia) di chi, con la mente scardinata, sta chiuso in casa, e a chi bussa risponde di non esserci. in cosi` lunatica atmosfera sembra che i dettagli creino digressioni. ma e` negli interstizi che il mistero prospera, insondabile; e lento scivola, dilatatorio, deviando gli aghi di qualsivoglia bussola e decorando di apparenze ingannevoli le sue trame da brivido. il romanzo e` un pantanoso labirinto del malamore, di un tenebroso malessere: geloso oppure ossessivo. nel dedalo di meandri, giravolte, gomiti d`ombra, nasconde una "camera della morte": l`ultima, la piu` segreta, come quella delle mattanze nelle tonnare. a viga`ta i notturni sono di leopardiana bellezza. non assolvono pero` il fruscio di invisibili ali di tenebra. montalbano si e` svegliato con una premonizione. |