nel 1934 patrick leigh fermor ha diciannove anni, e gia` da alcuni mesi si e` lasciato alle spalle l`inghilterra e un curriculum scolastico scellerato con il fermo proposito di raggiungere a piedi costantinopoli, vivendo "come un pellegrino o un palmiere, un chierico vagante", dormendo nei fossi e nei pagliai e familiarizzando solo con i suoi simili. "fra i boschi e l`acqua" e` il racconto della seconda parte di quel viaggio, e prende avvio dal punto esatto in cui era terminato "tempo di regali": il ponte di maria valeria, al confine tra cecoslovacchia e ungheria, che di li` a dieci anni sara` minato dai tedeschi in ritirata e mai piu` ricostruito fino al nuovo millennio. ma i mille chilometri successivi - dalla grande pianura ungherese, lungo il corso del tibisco e del maros e attraverso la transilvania, fino alle porte di ferro, dove collidono i carpazi e i balcani - aprono una parentesi idilliaca e precaria nel secolo piu` violento della storia: il ritmo del viaggio rallenta, il passo si fa piu` pigro, la percezione del tempo svanisce, come in "un felice e gradito incantesimo". leigh fermor racconta incontri con cervi e boscaioli, ritrae manieri isolati e villaggi di montagna, fienagioni e favolose biblioteche, rievoca notti passate sotto le stelle e amori estivi, riferisce leggende di spiriti, fate e lupi mannari e conversazioni con un`aristocrazia votata all`estinzione. |