"ottima e` l`acqua e l`oro come fuoco che avvampa rifulge nella notte piu` di ogni superba ricchezza." e l`apertura dell`"olimpica i" "il piu` bello fra tutti i canti", come di essa scriveva luciano sei secoli dopo la sua composizione. un inizio solenne, nel quale regnano la trasparenza e il bagliore: quelli che piu` tardi si sarebbero riassunti nella parola claritas. e che subito riverberano nei versi successivi, nei quali splende l`astro fulgido del sole che arde "nell`etere deserto". a voler cantare gli agoni, sostiene pindaro, si deve per forza scegliere i migliori, le olimpiadi: che sono come l`acqua, l`oro, il fuoco, il sole, e che ebbero luogo in grecia per oltre mille anni, dal 776 a.c. a quel 393 d.c. nel quale l`imperatore teodosio e il vescovo ambrogio li proibirono. pindaro, oltreche` delle "pitiche", delle "istmiche" e delle "nemee", e` anche - nell`immaginazione dei lettori e dei poeti dei due millenni e mezzo che da lui ci separano - il grande poeta, il poeta per eccellenza, delle "olimpiche". con esse, celebra di volta in volta la vittoria degli atleti nelle gare di olimpia. ma i suoi epinici sono famosi per la luce che li pervade, la velocita` fulminea dei passaggi tematici (i celebri "voli pindarici") intercalati a brevi sentenze di saggezza, l`esaltazione degli ideali di eroismo e gloria, la descrizione incisiva dei fenomeni naturali. commento a cura di carmine catenacci, pietro giannini e liana lomiento. |