nei primi anni ottanta, appena insignito del nobel, czeslaw milosz fu chiamato dall`universita` di harvard a presentare, in sei lezioni, le sue idee sulla poesia. e della poesia decise di privilegiare la funzione ai suoi occhi piu` importante, vale a dire la miracolosa capacita` di offrire una testimonianza sull`epoca a cui appartiene: "non ho dubbi" afferma "che i posteri ci leggeranno nel tentativo di comprendere che cosa e` stato il novecento, proprio come noi apprendiamo molto sull`ottocento grazie alle poesie di rimbaud e alle prose di flaubert". ma quale testimonianza del novecento offre la poesia? il "tono minore", il dubbio, l`amarezza, la cupezza che paiono contraddistinguerla derivano, certo, dalla fragilita` "di tutto cio` che chiamiamo civilta` o cultura", dal presagio che quanto ci circonda "non e` piu` garantito", e potrebbe scomparire. resta nondimeno una via di salvezza: guardando al secolo dalla prospettiva di un`"altra europa" ed eleggendo a guide oscar milosz e simone weil, milosz ci introduce infatti a una diversa concezione della poesia, quella che ne fa un "inseguimento appassionato del reale" - giacche` solo nel mai appagato desiderio di mimesi, nella fedelta` al particolare, nel "senso della gerarchia" delle cose sta "la possibilita` di sopravvivere a periodi poco propizi". |