"se il novecento, secolo della crisi dell`io individuale e delle certezze della metafisica, a partire da freud, e` stato il secolo di edipo, l`ottocento, secolo del primato romantico e idealistico della liberta` prometeica dell`individuo, e` stato quello di antigone. da hegel a kierkegaard, da holderlin a schlegel, a goethe, in molti si sono interrogati sull`atto di insubordinazione di antigone. il conflitto irriducibile tra le ragioni del privato, del legame di sangue, della coscienza del singolo davanti alle ragioni del pubblico, del contratto sociale, dell`autorita` e` stato declinato innumerevoli volte e con infinite sfumature come conflitto tra ragioni del divino e ragioni dell`umano, tra ragioni del maschile e ragioni del femminile (ovvero del paterno e del materno, della polis e dell`oikos), tra le istanze tassonomiche del razionale e le istanze entropiche dell`irrazionale, tra vizi e virtu` dell`occidente e vizi e virtu` dell`oriente, tra natura e cultura e via elencando. (...). la sepoltura di polinice fa di antigone una madre e una sposa morta e/o mancata, ma una sposa e una madre nel mondo capovolto dell`ade. il mondo che sopravvive, quello di creonte (e di ismene), e` il mondo di una truce normalita` riconquistata, di una cupa pace che si fa sul capro espiatorio, il mondo del potere che si nutre del sangue dei giovani, delle donne, dei deboli, talora ipocritamente impotente." (dall`introduzione di giovanni greco) |