la cucina toscana rischia, a ben guardare, di essere un miraggio, forse perche` in fondo assomiglia alla sua parlata, forte e riconoscibilissima, ma cosi` corretta da non potersi dire dialetto. cucina di terra e di pane, che amministra il sale e le spezie, che massimizza le cotture, quella toscana e` una cucina che ragiona sempre e ad alta voce. cosi` il pomodoro costoluto esalta la sua pappa, la cipolla di certaldo la carabaccia, cosi` il pane sciocco ama (di un amore diverso) l`olio nuovo, la finocchiona e il peposo, il lampredotto vuole il suo brodo e i pici l`aglione. piu` che in altri luoghi d`italia qui si misura l`esattezza della semplicita`, che poi tanto semplice non e` se le si presta attenzione per davvero, mettendo da parte il marchio "tuscany" che finge di esaltarla e che profondamente la disconosce, perche` profondamente la ignora. perche` se la ribollita il giorno prima e` zuppa di pane, quel ribollire e` un ingrediente in piu` che occorre ricordare, senza con questo voler ingabbiare la zuppa, e la cucina toscana tutta quanta, in una bacheca da museo. il cibo e il suo amore ci e` sembrato, in toscana piu` che altrove, roba viva: si fa con quello che si ha ma si fa per davvero. dunque abbiamo sollevato i coperchi, sbirciato nelle cucine di mario e nelle casseruole di marcella, raccolto funghi con matteo nel bosco al trebbio, spurgato arselle a talamone, impastato farina di castagne dell`amiata e, per la prima volta, "combattuto" con un`anguilla. |