"una londra rivisitata circa venti anni dopo il primo viaggio, compiuto dalla livi allora giovane giornalista che aveva scoperto in una citta` il mondo, anzi che leggeva il mondo attraverso l`immagine di una citta` e della sua gente. ma in questo secondo viaggio la scrittrice vede una realta` diversa, resa tale non solo dagli anni trascorsi e dalle nuove costruzioni ma anche dalla sua propria "diversita`", in sostanza una maturazione, un disincanto. sembra qui di ritrovare un`idea di cesare pavese: si conoscono le cose veramente soltanto la "seconda volta". solo che spesso questa seconda volta e` grigia, e` triste, e` finale: sono gli amici rivisitati, ormai vecchi senza discrezione, capaci di conservarsi nonostante le persone perdute, le mogli scomparse, i figli lontani. sono le botteghe trasformate o chiuse, ma sono anche i nomi del passato che aleggiano nel ricordo e non esistono piu`. e la vecchia signora a cui vengono dedicate pagine dense di attenzione e di passione, per la sua vita, per la forza di esistere che le resta, per la sua gloriosa vecchiaia. proprio episodi come questo, e altri simili, danno la misura della forza di osservazione narrativa del libro. l`approdo invisibile spiega qui il suo titolo, che rappresenta una precisa volonta` di riconoscersi negli altri, nel passato come nelle cose presenti: e forse la speranza, qui come altrove, rimane un trepido fantasma della vita." (gilberto finzi) |