consacrata dal grande successo della prima messa in scena di max reinhardt (1903) e, successivamente, dalla musica di richard strauss (1909), l`"elettra" di hofmannsthal offre al lettore di oggi straordinari motivi d`interesse e di riflessione. in primo luogo come opera di sperimentazione di un linguaggio scenico che, aperto alle conquiste della psicanalisi e alle ricerche freudiane, si rivela debitore dei grandi autori dell`eta` moderna, da shakespeare a calderon; in secondo luogo per le modalita` del confronto stabilito con il mito greco, con il dramma e con l`eroina di sofocle che fanno di questa "elettra" un`opera davvero unica nella storia bimillenaria delle riscritture sofoclee e, in particolare, di quelle del novecento. rinunciando al coro e al prologo, infatti, la tragedia si rapprende tutta in un atto unico privo di una cornice di sacralita` e di ritualita`, e si snoda in un`azione che si svolge, simbolicamente, non davanti, ma dentro al palazzo. tra il martellamento pre-espressionista di parole chiave come sangue e i bagliori e le suggestioni cromatiche della decadenza, l`"elettra" di hofmannsthal ci giunge cosi quasi totalmente sganciata dal modello antico: una vera figlia della modernita`, un`eroina dai tratti dionisiaci chiusa nello spazio della sua interiorita`, una testimone della disperazione dell`individuo in un`epoca che ha perduto il tragico come categoria morale ed estetica. |