questo libro avrebbe dovuto chiamarsi "war in abyssinia". buon titolo: asciutto, fattuale, esotico. dell`abissinia nel 1935 nessuno sapeva nulla, anche se il paese era l`unico stato africano cooptato nella lega delle nazioni e il suo giovane despota era un pupillo dei media - uomo dell`anno per "time". ma adesso di quell`immensa piantagione di caffe` stava per impadronirsi l`ultima arrivata nel circolo delle potenze coloniali: si`, la grande proletaria di mussolini si preparava a invadere, e per cio` stesso a scatenare, nei timori di molte cancellerie, un conflitto globale. ottima ragione per spedire sul posto un esercito di inviati - pericoloso quanto e piu` di quelli in armi, pero`, specie se forzato all`inazione. i centocinquanta embedded al seguito dell`esercito italiano erano infatti costretti a passare le veline dello stato maggiore, o riferire voci incontrollabili (i duemila morti nel bombardamento d`adua, che a villaggio raggiunto si sarebbero rivelati sei). quanto a quelli aggregati agli etiopi, se ne occupava un irreprensibile addetto stampa indigeno, che fin dal primo giorno aveva promesso notizie di due soli tipi: false, o tendenziose. dopo qualche settimana gli inviati erano accampati in pianta stabile ai tavolini da bridge. tutti, tranne il corrispondente dello "evening standard", evelyn waugh. povero waugh, mette a segno addirittura uno scoop, e ne e` talmente geloso da scrivere il pezzo in latino, certo che i colleghi non lo mastichino. cosi` in effetti e`... |