attratto per un`intera vita dal teatro, come dimostrano i suoi "ritratti di scrittori", walser nutri` una passione altrettanto incoercibile per le arti figurative, anche in virtu` dell`influsso esercitato dal fratello karl, artista di rara finezza. ma i quadri davanti ai quali si sofferma in queste pagine sono spesso un pretesto: per parlare di se` e dei ricordi di gioventu`, per costruire catene di associazioni - ispirate, magari, da una mostra di antichi maestri fiamminghi. certi dipinti (la venere di tiziano, l`icaro di brueghel il vecchio, il figliol prodigo di rembrandt) gli suggeriscono un dialogo scenico o un sonetto, un autoritratto, un nudo, un soggetto sacro suscitano improvvise illuminazioni che si condensano in poche righe fulminanti. puo` anche capitare che un fragonard riveli d`improvviso inaspettati legami con le "confessioni" di rousseau, o che le figure di un quadro prendano la parola e raccontino storie irresistibili. ironia, poesia, grazia visionaria ci introducono in mondi paralleli, dischiusi all`occhio del poeta (e al nostro) da un semplice colore o da un dettaglio all`apparenza secondario. con le sue ecfrasi divaganti, tra un affondo estetico e un impeto affabulatorio, un`apostrofe all`olympia di manet e un`interrogazione (mai retorica) sull`uomo e il suo destino, walser sa tuttavia offrirci anche profonde riflessioni sull`essenza dell`arte, nel costante invito a guardare oltre l`immagine: giacche` "orbi in certa misura lo siamo tutti, tutti, benche` dotati di occhi". |