c`e` stato un tempo in cui il trauma comportava silenzio, fuga, oblio, dolore e rimozione. oggi accade il contrario: senza trauma non sappiamo piu` parlare. mai la possibilita` di subire un trauma nella vita reale e` stata tanto messa ai margini come nella nostra epoca. eppure mai come adesso il trauma viene evocato, desiderato, rivendicato come fattore identitarie un trauma senza trauma, dunque, o meglio ancora un trauma dell`assenza di trauma: figura di un`impotenza, autodenuncia di una malafede, sintomo di una crisi delle forme e dei linguaggi in cui si riflette e si modella l`esperienza del vivere associato. qualcosa, in quell`esperienza, fa difetto, e di quel difetto il trauma viene di continuo chiamato a fungere da supplemento, spiegazione, riparazione, motivo non piu` di vergogna ma di orgoglio. il saggio di daniele giglioli muove dall`ipotesi che molta letteratura del nuovo millennio viva all`insegna di questa situazione: una scrittura dell`estremo che ha nel trauma immaginario la sua prima scaturigine, il suo centro di risonanza piu` segreto, il suo seme di verita` piu` prezioso. dei testi convocati a testimoni viene offerta un`analisi puntigliosamente sintomatica, nella convinzione che in una societa` tutta dedita all`adorazione del feticcio (tra cui quello del trauma senza trauma) e in cui il rapporto con la realta` e` interamente requisito dall`immaginario, il sintomo sia gia` di per se` una critica, un`istanza di verita` irriducibile cui bisogna in tutti i modi dare voce. |