"staccarmi dalle mie fantasie vorrebbe dire togliermi la ragione logica dell`esistenza" confessera` emilio salgari (verona 1862 - torino 1911), il piu` grande scrittore italiano di romanzi d`avventura, verso la fine della sua inquieta e tribolata esistenza. ma quale crudele avversita` avrebbe potuto staccarlo dalle sue fantasie, vale a dire dai suoi eroi e dalle loro straordinarie avventure? non un solo evento ma la concomitanza di piu` eventi: non la nevrastenia che liquidava come "la solita malattia degli scrittori" di cui dichiarava di essere preda, ma la paura di diventare cieco, una sciagura letale per "un forzato della penna", e le condizioni psichiche della moglie aida che di li` a poco sarebbe stata rinchiusa in manicomio, lasciandolo da solo a lottare contro una "semi-miseria" che imputava ai suoi editori, a governare una quotidianita` fatta di magri, se non disperati, bilanci da far quadrare e di figli difficili ai quali badare: lui che fino a quel momento, piu` per predestinazione che per scelta, era stato estraneo alla realta` avendo bazzicato, nella malfamata taverna dell`immaginazione, pirati di tutte le risme, rajah, almee, capitani coraggiosi e cavalieri delle praterie. questo libro e` il racconto del travaglio di uno spirito inquieto e tragico, di uno di quei predestinati all`errare randagio nei territori sconfinati della fantasia, che si proiettava nei suoi eroi fino ad abdicare alla propria identita` di piccolo uomo di provincia. bibliografia del romanziere a cura di v. sarti. |