"la storia, o meglio, la favola, di cerami e` semplice, lineare: in un lebbrosario, secondo una legge promulgata in francia e dall`autore estesa all`italia, viene rinchiusa una giovane prostituta, bianca maria, affetta dalla nuova peste dell`epoca, la sifilide. secondo la sentenza emessa dai giudici che l`hanno condannata alla reclusione perpetua, bianca maria `e` molto pericolosa`. in realta`, bianca maria e` una vittima, diciamo cosi`, dell`amore. la scrittura di cerami non ha nulla di dialettale. cio` non toglie che si avverta continuamente come il sottofondo rude e sapido di una voce evocatrice, di un luogo preciso, cioe` roma o meglio quella parte del lazio, ai tempi degli stati della chiesa, selvaggia e disabitata, che confina con la piu` gentile e prospera campania. la scrittura della `lepre` aderisce a quei paesaggi di briganti e di malaria come un abito cucito addosso al corpo che se ne riveste. ma bisogna dire, a questo punto, che la sifilitica e lebbrosa bianca maria e, in misura minore, il suo amante, il protofisico tommaso, non sono `figure di paesaggio` ma personaggi drammatici e commoventi anche perche` emblematici non soltanto del manzoniano seicento ma soprattutto, sia pure in maniera indiretta, del nostro tempo." alberto moravia |