"sionista. l`aggettivo suona come un insulto. il termine oggi e` talmente svalutato che la realta` cui si applica ha finito per sparire sotto i sedimenti della stigmatizzazione e persino, come in certe occasioni internazionali, della demonizzazione. alla realta` di una fede e di una cultura, il discorso antisemita ha risposto con fantasie tremende (l`omicidio rituale, tra l`altro), soffocando nella paura un oggetto di conoscenza. alla realta` di un`ideologia e di un movimento nazionale sostanzialmente atipico, il rifiuto risponde con il marchio d`infamia, ma non ci dice che cosa esso sia e, ancora meno, che cosa sia stato. il sionismo e` a tal punto sepolto sotto strati e strati di riprovazione che oggi e` difficile determinare serenamente che cosa fu, in quali condizioni nacque, l`humus che lo nutri` e la pluralita` dei suoi significati. posto di fronte ai problemi della modernita` politica, imboccando in particolare la strada della nazione, della laicita`, dell`utopia sociale e della cultura come nuova forma della dimensione religiosa in societa` secolarizzate, il sionismo, lungi dal rivolgersi solo agli ebrei, contribuisce a porre le domande capitali del xx secolo. che ne e` dei rapporti tra la lingua e la nazione, tra popolo e territorio, cosa succede a una fede nazionale nel processo globale di laicizzazione del mondo? cosa accade alle forme culturali del politico nelle societa` massificate in cui il sionismo inizio` a prendere forma piu` di un secolo fa?" (dall`introduzione) |