l`ambiguita`, la ferocia, la banalita`, il dolore, la solitudine. il teatro di vitaliano trevisan da` voce a personaggi forse perversi, talvolta paranoici, ossessionati da una presenza che scompagina la vita (come quella del figlio non voluto in "oscillazioni") oppure soggiogati da un`assenza traumatica (come quella del compagno suicida in "solo rpt"). ma in gioco, in definitiva, ci sono la presenza e l`assenza di se`, il ritrovarsi o il perdersi nelle proprie autorappresentazioni, consolatorie o masochiste che siano. la vena dell`autore e` intimamente tragica, ma di un tragico scarnificato, essenziale, senza alcuna enfasi. con dei finali sospesi, in entrambi i casi, che lasciano aperte delle porte, anzi delle finestre, da cui i personaggi (e gli spettatori metaforicamente) si possono buttare oppure no. |