quando, alla fine degli anni cinquanta, in una temperie storica ancora segnata dai terribili postumi della guerra, vladimir janke`le`vitch dette alle stampe le je-ne-sais-quoi et le presque-rien, non furono in molti a cogliere la straordinaria forza d`impatto di un testo volutamente inattuale, perche` diversamente orientato rispetto alle coordinate consolidate della riflessione filosofica. in un momento in cui gli astri di hegel, husserl e heidegger rifulgevano nel firmamento della filosofia europea, janke`le`vitch apriva un varco, inatteso e profondo, verso un altro orizzonte di pensiero. nozioni apparentemente fuori del tempo come quelle di , , , o riferimenti desueti a plotino, juan de la cruz, gracia`n o bre`mond, restituiscono solo in parte la direzione di questo sguardo sagittale che taglia, con effetti ancora non del tutto sondati, il campo del sapere contemporaneo. lontano dalle ultime filosofie della storia o dai nuovi gerghi dell`autenticita` che in quella stagione ancora tenevano il campo, janke`le`vitch cerca nel flusso dell`esperienza vivente il significato, e anche il mistero impalpabile, di un`esistenza esposta all`assoluta assenza di fondamenti, ma proprio percio` fermamente tenuta a un agire tanto piu` responsabile e vigile. introduzione di enrica lisciani petrini. |