"sospesa nell`incantesimo di un parlare inconsueto e di un paesaggio remoto, questa struggente novella, che a prima vista potremmo scambiare per la narrazione di una infanzia drammatica, ci appare, chiusa l`ultima pagina e appreso il fragile e potente segreto che teneva incatenato il piccolo miguilim, metafora di un qualcosa che non sappiamo bene decifrare. come per tutti gli altri libri di guimar?es rosa, anche per quest`operetta dal timbro mozartiano, eseguita dal flauto magico di un narratore non comune, potremmo dire, usando le parole dello stesso rosa, che `alle volte, quasi sempre, un libro e` piu` grande di noi`. ascoltato nella coralita` di corpo di ballo, maestosa sinfonia in sette parti di cui era forse la sonata piu` toccante, miguilim contribuiva con la sua mascherina di bambino atemporale alla grandezza di una pantomima che eleggeva il sertao di minas gerais a metafora del mondo. letta da sola, al di fuori di quel grandioso contesto, nel suo favoleggiare e nella sua orditura narrativa perfetta, questa perla della letteratura universale deve il suo potere di soggiogamento, il suo essere un libro `piu` grande di noi`, agli interrogativi sui significati che aprono le sue specifiche metafore: gli occhi di un fanciullo, un paio di occhiali, il reale visibile." (antonio tabucchi) |