a leggere augusto de angelis e la sua saga del commissario de vincenzi della mobile di milano, si incontra subito il piacere di un buon giallo, di articolato costrutto, dai vivi personaggi e dalle scenografie esoticamente tardo de`co. ma c`e` anche un interessante contorno storico che rende piu` complesso il processo dell`immedesimazione. augusto de angelis scriveva nel ventennio fascista, inaugurando in italia un genere letterario, il giallo, che il regime vedeva come fumo negli occhi. per cui i suoi polizieschi sono una testimonianza, dei rapporti tra il fascismo e la cultura, tra occhiuto controllo e margini di liberta`. innanzitutto l`ambiguo rapporto con la cultura di massa: pur avendo in sospetto il fascismo il genere giallo, con de angelis, scrittore benaccetto, nasceva l`autentico giallo italiano, non piu` la scialba ripetizione dei soliti investigatori importati da francia, america o gran bretagna, a dimostrazione che con la cultura di massa, promossa e ampiamente sfruttata dal potere, era d`obbligo accogliere anche i frutti meno digeribili. nondimeno, il minculpop esigeva le sue regole: solo delitti in ambienti esotici e viziosi; solo delinquenti stranieri e con lo stigma di qualche depravazione; solo lieto fine. l`autore le rispettava, ma senza rinunciare a far trasparire una sua distanza, un suo afascismo: nel carattere scettico, privo di protervia e di entusiasmo, antieroico, malinconico, di gusti umanistici e atteggiamenti tolleranti del commissario da lui creato. |