il dibattito tra credenti e non credenti, atei e cristiani, laici e laicisti infiamma tutti i settori della societa`. eppure esso si svolge per lo piu` a un livello di superficie, tanto che si ha l`impressione che i ruoli si confondano: che i veri credenti siano gli atei, che i laici portino avanti ragioni che i chierici dimenticano e che le motivazioni dei laicisti combacino, per una strana alchimia, con quelle dei cattolici piu` ortodossi. questi paradossi, come mostra marco vannini in questa riflessione, hanno radici profonde e non sono per nulla casuali: consistono nella dimenticanza di una serie di categorie che hanno attraversato la tradizione piu` alta dell`occidente, a partire dalla filosofia greca, attraverso i mistici e i filosofi della modernita`, sino a personalita` come simone weil. che dio sia spirito; che la religione sia essenzialmente un rapporto nello spirito in cui dio e uomo si muovono l`uno verso l`altro, l`uno nell`altro; che la vera religione sia uno spogliarsi della propria volonta`, liberarsi dalla costrizione delle cose del mondo per entrare in una dimensione di liberta`, di grazia. questi concetti si sono via via eclissati a favore di rappresentazioni piu` comode di dio e della religione, spesso ridotta a una dottrina morale, a una serie di precetti fisici, addirittura sessuali. e di questo oblio colpevoli non sono tanto i laici o gli atei ma, piuttosto, chi di questa tradizione doveva farsi depositario e custode: la chiesa. |