e un fulgido maggio, che a maigret ricorda la prima comunione e l`infanzia. quasi una premonizione. perche` non appena comincia a indagare sull`assassinio del conte armand de saint-hilaire, illustre ex ambasciatore ucciso con quattro colpi di revolver nel suo studio in rue saint-dominique, il commissario ha davvero l`impressione di regredire pericolosamente all`infanzia, quando a saint-fiacre la contessa appariva, a lui, figlio dell`intendente del castello, nobile, elegante e irraggiungibile come l`eroina di un romanzo popolare. insigni diplomatici, funzionari beffardi e pieni di sicumera, quartieri eleganti, residenze squisitamente armoniose. proprio l`ambiente in cui maigret si sente piu` a suo agio, non c`e` che dire. e la fase di impregnazione con cui s`inaugura ogni sua inchiesta e` questa volta piu` che mai fatta di esitazione, impaccio, timidezza. e poi tutti sembrano irreali, sfocati, inconsistenti, quasi appartenessero a un mondo svanito: il conte, isi - la principessa cui ha dovuto rinunciare ma che ha continuato ad amare, da lontano, con incrollabile tenacia, per cinquant`anni, come se fosse una creatura eterea e soprannaturale -, la devota governante jaquette, che ha lo sguardo fisso di certi uccelli, il gelido nipote alain. l`unico dato reale sono i quattro colpi di pistola che l`assassino ha sparato con ferocia. un caso frustrante, un delitto privo di una spiegazione plausibile. condurre a termine l`inchiesta, per maigret, e` come acchiappare una nuvola. o il passato. |