chiunque si sia appisolato a teatro o durante un concerto - sostiene flaiano sa bene che e` nel passaggio dalla veglia al sonno che "la rappresentazione o la melodia o il dialogo si liberano da ogni scoria, diventano liquidi, celestiali": in quei brevi istanti, insomma, si ha "lo spettatore perfetto". in realta`, nella sua lunga attivita` di critico teatrale, flaiano e` stato uno spettatore tutt`altro che "addormentato": appassionato, semmai, vigile e sferzante. come quando irride il repertorio blandamente ameno ed `evasionista` dei primi anni quaranta, denso "di buoni sentimenti, di gioia di vivere e di grossi stipendi", e cosi` rispondente ai desideri del pubblico che - profetizza - "non e` lontano il giorno in cui le commedie, all`eliseo, sara` lo stesso pubblico a scriverle e a rappresentarle". e nel 1943, rievocando l`esaltazione di una vita "scioccamente borghese", scrivera` veemente: "amo shakespeare, calderon, molie`re che hanno lasciato centinaia di opere tuttora vive ma ammiro quei loro spettatori che pretesero opere tanto perfette con il loro enorme e sapiente appetito". il fatto e` che in un paese dove e` lecito essere anticonformisti solo "nel modo giusto, approvato", flaiano e` riuscito a esserlo sino in fondo, caparbiamente, che recensisse la "salome`" di carmelo bene, il "marat-sade" messo in scena da peter brook o "ciao rudy" di garinei e giovannini. |