"joyce e` il caso limite di tutto il novecento letterario, un caso abnorme, forse il piu` anomalo. l`immane apparato che gli hanno stretto intorno farebbe passar la voglia di affrontarlo, a tutto scapito dell`opera pero`, della sua vitalita` inesausta. dotato di un orecchio unico, assoluto, di un senso del linguaggio come nessun altro mai, nella sua cecita` vedeva la "meccanica" piu` che il contenuto del linguaggio e cio` gli permise di convogliarvi tutto. joyce e` lo scrittore che fa qualcosa che nessun altro scrittore sa fare o sa fare cosi` bene con le parole e quel qualcosa e` il testo stesso in tutta la sua grazia, la sua gloria. per il lettore questo libro rappresenta l`opportunita` di un guado meno arduo, superabile con pochi, brevi, allegri e accorti balzi, tra i due pinnacoli dell`opera joyciana, `ulisse` e `finnegans wake. finn`s hotel` e` ancora il primo e gia` il secondo. e sempre joyce: il sommo artefice che scrive il libro, l`opera d`arte totale, la grande opera alchemica, passata beninteso al setaccio dell`ottica sprezzante modernista. da qui, da queste pagine succose, nucleari, e` possibile partire per arrivare a intravedere l`onniespansiva ragnatela d`echi da lui messa in onda e che si carica di altre sfumature nel nuovo millennio." (ottavio fatica) |