"marilena renda apre con una bella idea: seguire le tracce di alcune apparizioni di grandi artisti e pensatori in sicilia, terra posta al confine tra vero e falso, tra natura e cultura, cioe` tra corpo e acqua e tra oggetto e ombra dell`oggetto, dunque tra vivi e morti, in un`atmosfera eliotiana di tempo circolare, sempre tornante, senza inizio ne` fine. il tempo e` forse quello dell`infanzia e l`infanzia e` la veduta di un`isola lontana, abbracciata da fuori con lo sguardo, isola nella quale ogni volta si torna a prendere fiato e, insieme, l`amaro della memoria. isola-magnete e fuoco centrale della poesia di renda, caproniana res amissa della biografia che zampilla parole: quando l`infanzia coincide col luogo geografico, la nostalgia e la sua eco narrativa sono doppie, spaziotemporali, sono come quella col cretto, perche` e non c`e` scampo alla memoria - o a quella che crediamo sia la nostra memoria, che spesso trasfigura invece in invenzione, fata morgana o favola nera. attraversando la terra prodiga e crudele delle madri, si raggiunge una zona di confine, bianca e sfumata di profezie e visioni e, ancora una volta, di metamorfosi: le mutazioni descritte dalle favole sono ora concrete e tridimensionali, cose vive che davvero si aggirano nelle zone radioattive del mondo, specie estinte che tornano a camminare. tutto il libro di renda sembra il ritorno dopo piu` di un`estinzione, come capita ai vivi. fuoco degli occhi e` resoconto, inventario di quello che regge quando un pezzo di strada e` stato fatto, dopo che un terremoto e` stato subito e gli occhi hanno visto, del mondo, tradimenti e pericoli, guadagnando una malinconia pacata, adulta, che lascia spazio alla vita, propria e altrui, che si osserva crescere : vita cosi` vicina e cosi` lontana, se noi siamo capaci di lasciare e fare che la vita torni alla vita, al proprio micidiale, al proprio formidabile nut |