si puo` raccontare la vita di un altro come se fosse la propria? e la sfida, paradossale e ambiziosa, che pierre pachet ha scelto di raccogliere nel ricostruire la voce di suo padre, simkha opatchevsky, per farne il narratore in prima persona di questo strabiliante romanzo che ci consegna, dal di dentro, la figura a tutto tondo di un esule ebreo del novecento. dai pogrom di kishinev ai rastrellamenti nella parigi dell`occupazione, questo inaudito io narrante attraversa la storia d`europa, emigrando dall`agonizzante impero russo per approdare a una francia sconvolta da due guerre mondiali, il tutto anelando a poco piu` che all`incolumita` sua e dei suoi, e alla dignita` del proprio mestiere di medico. simkha, del resto, non ha la stoffa del protagonista, e il tono tragico non gli si addice. eppure qualcosa di eroico ce l`ha, nella ritrosia che gli vieta gli abbandoni sentimentali, nel rigore intellettuale che ne fa un osservatore esattissimo, acuto conoscitore della psicologia umana e fustigatore degli psicologismi, costretto in tarda eta` a testimoniare con precisione da miniaturista il lento sgretolarsi delle proprie facolta` mentali. |