il trattato su "il sublime", un piccolo gioiello della letteratura greca di eta` imperiale, contiene una delle piu` antiche, e senz`altro la piu` importante, fra le riflessioni classiche sulla natura della bellezza letteraria, rappresentata dalla parola hypsos, "vetta" o "apice", e metaforicamente "sublime". il fine dell`opera e` didattico e pratico: l`autore si propone infatti di insegnare "come noi possiamo elevare le nostre doti naturali" al punto da poter creare un`opera cosi` elevata che innalzi alla propria vertiginosa altezza l`animo di un lettore o di un ascoltatore. i suoi precetti non sono meramente tecnici: li sostanziano infatti due attitudini naturali quali la magnanimita` (che si apre ad una prospettiva metafisica) e la passione. ma di piu`: come gia` osservo` il primo traduttore francese dell`opera, nicolas boileau (1674) "en parlant du sublime, il est lui-mesme tres-sublime". l`antichita` classica e il medioevo non si mostrarono generosi verso questo testo, a noi giunto attraverso un unico manoscritto bizantino, per di piu` lacunoso. fu solo la traduzione del boileau, poco piu` di un secolo dopo la prima edizione a stampa dell`originale greco (f. robortello, 1554), che diede il via alla fortuna de "il sublime" e al suo impatto sulle teorie estetiche dell`eta` moderna. proprio l`importanza vieppiu` riconosciuta a questo antico trattato dalle moderne teorizzazioni sul sublime rendeva necessarie una traduzione e una esegesi... |