nel suo vasto progetto di ricondurre le categorie assolute della musicologia tedesca entro una prospettiva storico-antropologica, de la motte riscatta la pratica dell`analisi musicale rivendicandone, da una parte il lato creativo, inventivo, in cui l`analista si deve forgiare da se`, volta per volta, degli strumenti (non certo gli unici, o quelli `giusti`) utili a indagare il fenomeno musicale; dall`altra mettendo a nudo la venatura di soggettivita` che rimane ineludibile retaggio dell`impresa analitica. e lo fa a suo modo, sia inventando, appunto, con una creativita` appassionante, strumenti analitici che nascono dal rapporto stesso che l`analista, con la sua personalita`, la sua cultura, e, perche` no, col suo gusto personale, instaura con l`opera musicale; sia chiedendo a un personaggio della statura di carl dahlhaus di buttar giu`, alla fine di ogni analisi, un paio di pagine di critica, come una mini-controanalisi che, se necessario, smonti o anche ribalti il lavoro di de la motte. e dahlhaus fa questo senza complimenti, col suo ben noto acume critico, con la capacita` di penetrazione che in poche righe apre prospettive, panorami insospettati. quale messaggio piu` profondamente educativo per chi studia questa materia? anche in questo volume, il cuore del lavoro di de la motte resta il suo impegno didattico, verso chi in futuro la musica dovra` farla, o anche solo conoscerla e comprenderla. |