l`intreccio di voci qui adunate intorno all`idea di un cantiere dello sperimentalismo i cui contorni appaiono in continua ridefinizione trova in juan rodolfo wilcock, giorgio manganelli e giuliano gramigna la misura di una visione sagace e spiazzante dell`arte e dei suoi processi. ciascuno di loro organizza le proprie risorse tecniche in sintonia con i codici del rinnovamento riconducibili al fronte sperimentale e ai suoi maestri (da joyce a gombrowicz, da beckett a borges). le poetiche della menzogna, della deformazione e del grottesco sono messe al servizio di una poderosa operazione di smantellamento dell`edificio letterario consegnatoci da una tradizione compromessa con vecchi schemi di rappresentazione e di elaborazione estetica. la destrutturazione dei generi e delle forme (caso esemplare la ripresa destabilizzante del giallo da parte di malerba) investe con la sua liberta` epistemologica gli assetti dell`ordinamento culturale novecentesco. si e` ritenuto quindi di affiancare alla prospettiva ravvicinata degli autori esaminati nella prima parte una trattazione di natura tematica: la deriva apocalittica imboccata dall`umanita` negli anni sessanta e settanta offre infatti il risvolto sociologico delle pulsioni distruttive dei fautori del rinnovamento. oltre la diroccata "barriera del naturalismo", prose disseminate e romanzi "disastrati" si configurano in moduli di marca sperimentale e metaromanzesca dispiegando la propria energia entro un sistema testuale... |