c`e` un regista che e` da anni oggetto di un culto sotterraneo: i suoi estimatori si nascondono ovunque, come i custodi di una liturgia segreta. nonostante abbia vinto il festival di locarno e il leone d`oro a venezia, le sue opere, a causa del loro chilometrico minutaggio, vengono proiettate in poche sale; questo pero` non scoraggia i suoi amanti, che le cercano ossessivamente, come appuntamenti con qualcosa di piu` vasto della loro stessa esperienza. e un cineasta filippino, si chiama lav diaz e con i suoi film e` riuscito a raccontare il tempo che si fa materia. il suo cinema e` considerato una forma di meditazione: uno spazio in cui il tempo della realta` e il tempo del racconto coincidono, saldandosi per l`intera durata di ogni fotogramma. cosi`, in uno dei suoi film piu` emblematici, "evolution of a filipino family", la sequenza in cui un personaggio muore dissanguato in una manila deserta dura 21 minuti; l`intero film, 654 minuti. "from what is before" ne dura 338. "a tale of filipino violence", invece, 416. tempo, rappresentazione, realta`: quella di lav diaz e` una sorta di trasformazione alchemica di questi tre elementi. un uomo muore per finta e chi lo guarda sullo schermo si trova a soffrire veramente, senza piu` filtri a separare i due eventi. il dolore del singolo si trasforma nel dolore del popolo filippino e cosi` in quello dell`umanita` intera. "quando le onde se ne vanno" e` una bussola per orientarsi nello sconfinato atlante della filmografia di lav diaz: otto interviste nell`arco di undici anni che mettono in fila le sue opere e il suo pensiero attorno ad arte e storia, nouvelle vague e tradizione asiatica, i traumi di una collettivita` e la violenza dell`esistere. un invito a immergersi nell`immaginario di questo maestro contemporaneo, capace di un interpretare come nessun altro le contraddizioni che agitano la nostra anima e la nostra epoca. |