e l`ottobre del 2003. in un monolocale di quindici metri quadri, in un sobborgo alle porte di parigi, una ragazza infreddolita fissa assente un piccolo televisore. sullo schermo scorrono le immagini, ma lei non le vede, i suoi occhi sono vuoti, il suo cuore batte ma non sente piu` nulla. persino i lividi non le fanno piu` male. passano i giorni. nella dispensa c`e` solo pane e latte. e quello che resta di cento euro che - cosi` ha detto partendo il marito della donna - devono durare due mesi. d`un tratto, la ragazza sente una voce. e una voce che potrebbe essere la sua, e racconta la sua stessa vita. sposata dai genitori a 14 anni a un uomo di trent`anni piu` vecchio di lei, deportata in europa dall`africa per essere stuprata, picchiata e umiliata, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, in un incubo senza fine. ma la voce di donna che viene dalla televisione racconta anche qualcosa di inimmaginabile: da una vita cosi` si puo` fuggire. si puo` chiedere aiuto, si puo` scappare. la giovane donna ora sa cosa deve fare. deve alzarsi, uscire, parlare, piangere, spiegare. e ricominciare a vivere. solo cosi` potra` ricordare chi e`, ritornare al suo villaggio in guinea, chiudere gli occhi e rivivere i giorni felici con la nonna, che l`ha cresciuta come una vera madre, anche se non ha saputo evitare che le venisse inflitta l`usanza spietata dell`infibulazione. solo cosi` potra` cercare di curare quelle ferite che urlano tutto il suo dolore. |