erano tredicenni d`assalto: mettevano il calcio sopra ogni cosa. il dio del calcio era il loro dio. e il mister il suo profeta. l`estate macinavano polvere nel campetto di ghiaia. appuntamento alle sette del mattino per la prima partita, e avanti fino a sera. stava per cominciare la terza media, ma e` solo un dettaglio. era il calendario delle partite a scandire le tappe di un`avventura. sprofondavano nella bassa, sotto un cielo esagerato, circondati da milioni di peschi. si inerpicavano tra i monti, su campetti gelati, in fondo a tornanti interminabili. per scardinare squadre di geometri ben pettinati, che li disorientavano con finte, passaggi di prima e triangoli di perfezione assoluta. per sopravvivere agli attacchi di elliot il drago, che aveva le cosce di rummenigge, e quando cambiava passo staccava le zolle di terra dal campo. scortati dalla regina dello sterrato, il furgoncino di george balducci e una testa di cinghiale imbalsamata. un tunnel che porta dritto a borgo ghibellino, una filiale dell`inferno. in una finale epica, dove ci si gioca il campionato e molto di piu`. era il calcio che giocavano allora. bruciava nel loro sguardo, e li faceva uscire dagli spogliatoi con i borsoni in spalla, fieri come i paracadutisti. |