all`inizio degli anni settanta silvia amati sas ha cominciato ad occuparsi in modo pionieristico della cura psicoanalitica di persone provenienti dai paesi latino-americani vittime di violenza sociale, soprattutto di donne segnate dall`esperienza della tortura morale e materiale. partendo dal pensiero di bleger e specificamente dal concetto di "ambiguita`", l`autrice ha ipotizzato che qualunque realta` possa arrivare a sembrarci familiare e rassicurante, anche quando non lo e` affatto. ha definito questa malleabilita` psichica, sempre presente in ogni soggetto, "adattarsi a qualsiasi cosa". il libro raccoglie una serie di scritti dalla fine degli anni settanta ai giorni nostri che toccano i temi piu` cari all`autrice: il rapporto tra la violenza sociale e l`impegno etico della psicoanalisi, la funzione della preoccupazione per l`altro da proteggere quale meccanismo di sopravvivenza psichica, l`emergere della vergogna all`interno della relazione terapeutica intesa come segnale del recupero del conflitto intrapsichico. le dinamiche descritte costituiscono un punto di riferimento chiarificatore non solo per tanti altri traumatismi legati a situazioni violente devastanti per il soggetto che le subisce, ma mettono anche in evidenza il rischio oggi molto attuale di una deriva individuale e sociale nell`adattarsi a qualunque forma di violenza con cui si ha a che fare rendendola ovvia. il mantenere un costante impegno etico per l`autrice non si pone mai come modalita` esterna alla dialettica della cura, ma e` un tutt`uno con essa, assumendo una funzione strutturale e strutturante. prefazione di anna ferruta e introduzione di federico porozziello. |