"ho molti dubbi, troppi. e una domanda che chiunque scriva memorie, qualunque scrittore grande o piccolo, conosce: servira` a qualcuno questo mio mesto racconto?". e` l`interrogativo che varlam salamov si pone nell`introdurci ai suoi ricordi della kolyma, "racconto di uno spirito che non trionfa, ma che piuttosto viene calpestato". in queste pagine - nucleo centrale degli scritti autobiografici qui radunati - salamov rivive e ci fa vivere l`inferno del lager: l`implacabile freddo siberiano, la fame assillante, l`umiliazione continua dei lavori forzati e delle violenze, e le efferate tecniche messe in atto dal potere sovietico per ridurre i detenuti a "relitti umani" - termine ultimo di un processo di decadimento del corpo e dello spirito perseguito con caparbia brutalita`. un resoconto secco, aspro, intransigente, giacche` quel che preme a salamov e` scandagliare un`"esperienza sottoterra" che, riducendo l`uomo a istinto e spirito di conservazione, ne mette a nudo la natura profonda. ma le sue rievocazioni ci riportano anche alla vologda dell`infanzia, dove precoci si manifestano l`amore per la poesia e l`insaziabile sete di libri; alla mosca degli anni venti, dove rifulgono le stelle di sklovskij, majakovskij e bulgakov - un "sottobosco luminosissimo" presto "spazzato via dalla scopa di ferro dello stato"; e da ultimo al tempo della riabilitazione ufficiale, del ritorno a mosca e dell`inattesa amicizia con pasternak. il percorso di un`intera vita, insomma, che trova il suo fil rouge nell`anelito costante, quasi viscerale alla letteratura: "scrivo perche` leggendo la mia prosa lontanissima dalla menzogna qualcuno possa fare nella sua vita qualcosa di buono anche in minima parte. perche` qualcosa bisogna fare". |