
realizzata per una rappresentazione al teatro franco parenti di milano, in cui re lear era interpretato da piero mazzarella, la traduzione di emilio tadini nasce dal preciso intento di restituire al testo shakespeariano la sua caratteristica fondamentale: la recitabilita`. testo teatrale prima che testo letterario, "re lear" e` una tragedia che mette in gioco affetti semplici e profondi: lear, prima che sovrano destituito, e` un padre tradito da due delle sue figlie. lavorando sulla lingua per renderla, senza tradire l`originale, piu` discorsiva e diretta, tadini e` riuscito anche a dare risalto e spessore a quegli affetti, rendendo piu` umani i personaggi che li provano e, a volte, svelandone aspetti inediti.



per quanto grandi siano le speranze e le supposizioni umane," scrive severino sulla soglia di questo suo nuovo libro "esse si accontentano di poco, rispetto a cio` da cui l`uomo e` atteso dopo la morte e a cui e` necessario che egli pervenga". nel proseguire, con ammirevole rigore speculativo, quel temerario percorso filosofico che da "destino della necessita`", attraverso "la gloria", e` approdato a "oltrepassare", severino procede qui "risolvendo un problema decisivo, lasciato ancora aperto": se "la terra isolata dal destino e` oltrepassata dalla terra che salva e dalla gloria", nondimeno su "`questa nostra vita` - si potrebbe dire - incombe la morte, e continuamente vi irrompe". sorge quindi un interrogativo ineludibile: "l`attesa della terra che salva continua anche dopo la morte (e che cosa appare in questo prolungarsi dell`attesa? sonno, sogni, incubi?), oppure con la morte ha compimento anche l`attesa?". nell`architettura del grandioso edificio teoretico che il filosofo e` andato solitariamente costruendo nel corso degli anni, "la morte e la terra" appare dunque un vertice dal quale lo sguardo si spinge oltre ogni confine, giacche` severino non teme di consegnare risposte definitive: "avvicinarsi alla morte e` avvicinarsi all`immenso della terra che salva della gioia".



la parola dike, comunemente tradotta con "giustizia", nasce in un contesto religioso e poi giuridico, ma ha in realta` un significato piu` profondo, che compare per la prima volta nella piu` antica testimonianza del pensiero filosofico: il frammento di anassimandro. si puo` dire che l`avvento della filosofia coincida con l`avvento di tale significato - quello che aristotele chiama "il principio piu` stabile". dike designa l`incondizionata stabilita` del sapere. e richiede la stabilita` incondizionata dell`essere. riguarda tutto cio` che l`uomo puo` pensare e puo` fare. in rapporto con essa si svolge l`intera storia dell`occidente. se nel "giogo" severino aveva puntato l`attenzione sulla conseguenza decisiva per l`uomo della tradizione occidentale, resa esplicita da eschilo, ovvero che l`incondizionata stabilita` del sapere e dell`essere e` il "vero" rimedio contro il dolore e la morte, e sul rapporto tra eschilo e anassimandro, in questa sua nuova opera si volge invece verso le radici di quel significato. soprattutto perche` dike e l`occidente, che ne e` dominato, sfigurano il volto della stabilita` autentica: il volto del destino della verita`. affrontando il rapporto tra il puro volto del destino e il suo volto sfigurato da dike, questo libro compie alcuni passi avanti rispetto agli scritti precedenti, da cui pure trae origine.




quale cosa attinge, "in ultimo", l`anima dopo essersi aperta, attraverso l`angoscia, alla ricerca di se`? e questo l`interrogativo che sottende l`originale articolarsi del nuovo libro di massimo cacciari. tre voci in dialogo tra loro e con i `maggiori loro` - da platone a husserl, da tommaso a cusano a karl barth - cercano di rispondere a tale domanda, ognuna seguendo il proprio : la voce portatrice di un autentico e radicale scetticismo dell`intelletto, la voce che incarna l`atto di fede in lotta contro se stesso, e infine quella dell`autore, che agli amici si rivolge anche attraverso due lunghe serie di lettere, riprendendo, sviluppando - e se necessario criticando - le idee della sua piu` importante opera teoretica: "dell`inizio". infatti, dopo aver indagato, in "geofilosofia dell`europa" e nell`"arcipelago", l`irriducibile pluralita` delle radici culturali presenti nel paesaggio europeo, l`attenzione di cacciari torna a volgersi a quel che e` il problema filosofico fondamentale. la cosa ultima, quindi, non e` che l`inizio: qui pero` non e` piu` semplicemente inteso come indifferente insieme di tutte le possibilita`, bensi` come l`infinita` stessa della cosa nella sua inalienabile e intramontabile singolarita`. solo attingendo alla cosa ultima, `toccandone` l`essenza divina, l`anima esprime la propria unica, possibile liberta`. e il fare filosofia si manifesta allora per cio` che sempre, e ancora una volta, dovrebbe essere: movimento di liberazione.


Omnibus Press, 1998, UK. Patricia Butler è una giornalista freelance di Chicago e ha speso anni facendo ricerche sulla turbolenta storia d'amore tra Jim Morrison e Pamela Courson. I due sono stati una coppia dal 1966 all 1971, anno della misteriosa scomparsa del cantante dei Doors, e secondo Ray Manzarek erano "le due metà della stessa persona". L'autrice ricostruisce accuratamente l'elettrizzante e tragica storia dei moderni Romeo e Giulietta, facendo luce su inediti aspetti della vita di Morrison. Illustrato in bianconero con un inserto a colori di bellissime foto della coppia. In inglese.