
l`autonecrologia, osserva lodovico terzi, "e` trasgressiva, narcisistica, creativa, e presuppone due qualita` squisitamente letterarie: il gusto del paradosso (come autore dell`annuncio funebre il morto ruba la parte al vivo) e un incoercibile protagonismo (nemmeno da morto il morto e` disposto a cedere la parola)". jonathan swift, a cui non fanno difetto ne` l`uno ne` l`altro, va ben oltre e nel 1731 si diverte (con il suo solito spirito feroce) a mettere in scena la propria morte e tutte le reazioni che suscitera`, negli estimatori come nei detrattori: dall`insofferenza dei congiunti per l`eccessivo prolungarsi dell`agonia, al compiacimento di chi al confronto con il moribondo si sente vivo e sano, allo sgomento di chi nella sua imminente dipartita vede profilarsi la propria, fino al "compianto" (si fa per dire) della regina in persona, che nel ricevere la notizia esclama: "davvero se n`e` andato? era ora! / e morto, dici? be`, marcisca pure". la beffarda vena filosofica e morale che intride questo testo ha ispirato il traduttore a riprendere i vari temi toccati da swift - l`amore e il potere, l`amicizia e l`ambizione personale, lo slancio morale e i meandri dell`ipocrisia - e a intercalare alla lettura dei versi (in quelle "pause naturali" che la lettura stessa sottintende) una serie di riflessioni, o digressioni. ne risulta un piccolo libro originale, bizzarro e intrigante - una sorta di dialogo fra il grande scrittore satirico del settecento e il suo estroso interprete moderno.

maria ha superato da poco i quarant`anni, vive a napoli, lavora come insegnante in una scuola serale e un giorno, al sesto mese appena di gravidanza, partorisce una bambina che viene subito ricoverata in terapia intensiva neonatale. dietro l`oblo` dell`incubatrice maria osserva le ore passare su quel piccolo corpo come una sequenza di possibilita`. niente e` piu` come prima: si ritrova in un mondo strano di medicine, donne accoltellate, attese insensate sui divanetti della sala d`aspetto, la speranza di portare sua figlia fuori da li`. nei giorni si susseguono le mense con gli studenti di medicina, il dialogo muto con i macchinari e soprattutto il suo lavoro: una scuola serale dove camionisti faticano su dante e leopardi per conquistarsi la terza media. la circonda e la tiene in vita un mondo pericolante: quello napoletano, dove la tragedia quotidiana si intreccia con la farsa, un mondo in cui il degrado locale e` solo la lente d`ingrandimento di quello nazionale.

una mattina una giovane donna si sveglia con il presentimento che il sogno appena fatto contenga qualche realta`. contemporaneamente un attentato devasta la citta` e miete tre morti. la protagonista ripensa a tutta la vicenda e ricorda di aver fotografato poco tempo prima un importante scrittore, si convince poi che l`attentato fosse rivolto contro di lei e da quel momento inizia una avventura che la portera` lontano.



altre esistenze, note a margine, mezze verita`, testimonianze, particolari in controsenso: queste, e altre ancora, le immagini con cui marco balzano prova a classificare le poesie che lo accompagnano da molti anni (non tutti i suoi lettori sapranno che ha esordito appunto come poeta nel 2007) e che trovano ora, con quelle piu` recenti e inedite, una definitiva sistemazione nelle nature umane che le raccolgono. poesia che prova a scalfire la crosta dell`apparenza, come ha osservato giampiero neri; tensione gnomica che attraversa le parole, secondo il giudizio di giancarlo pontiggia; testi che indagano e custodiscono qualche scintilla di senso, di dubbio, di verita`, e che si offrono al lettore come

la pie`ce, gia` andata in scena con successo per la regia di valerio binasco, si apre con il ritrovamento del corpo di una giovane donna nella piscina di un condominio lussuoso. tornando dal viaggio di nozze, due sposi commentano il dramma tra compassione e indifferenza. nelle scene successive si snoda un lungo flashback attraverso il quale a poco a poco emergono frammenti della storia della ragazza, presumibilmente indiana: piu` sconcertanti di quanto si potesse supporre. melania mazzucco ha costruito un meccanismo teatrale perfetto che, tra atmosfere sinistre, interni claustrofobici e dialoghi serrati quanto ambigui, mette in scena in maniera spietata la violenza e il cinismo nel rapporto con gli stranieri.