

quasi vent`anni dopo la sua morte, feynman non cessa di stupirci. questa volta con l`aiuto della figlia michelle, che ci consegna una parte copiosa dell`epistolario di suo padre. e basta scorrerne i destinatari - eminenti scienziati, ma anche ammiratori, studenti, picchiatelli, gente comune che si rivolgeva a lui in cerca di consigli - per avere la conferma della sua leggendaria versatilita` e anticonformistica vocazione didattica. ci capitera` allora di incontrare, magari nella risposta a uno sconosciuto, passi illuminanti su qualche arduo problema della fisica: "alla gente piace imparare" diceva del resto feynman "e il modo migliore di "intrattenerla" e`. darle la possibilita` di capire, almeno in parte, qualcosa che non aveva mai capito prima". parteciperemo inoltre - attraverso un libro che si rivelera` l`autoritratto di un uomo che non riusciva a far nulla banalmente - alla comica vicenda delle, sue dimissioni dalla national academy of sciences, istituto che gli appare privo di qualsiasi scopo, se non quello di selezionare i personaggi degni di farne parte; rivivremo la prima esplosione nucleare, descritta con vividezza di immagini in una lettera alla madre; capiremo come arrivo` alla sbalorditiva soluzione del caso del challenger. "sono un esploratore, no?" ha dichiarato feynman. "e quindi mi piace scoprire".


ne "i cuccioli" tutto ruota attorno a un episodio drammatico letto su un giornale, protagonisti un bambino e un cane. le conseguenze saranno terribili, e il bambino portera` il loro pesante fardello anche nella vita adulta. ai "cuccioli" segue "i capi", una raccolta di racconti del 1959 che si pone come punto di partenza di una ricerca che si concretizzera` piu` avanti ne "la citta` e i cani" e "conversazioni nella catedral". racconti in cui sono presenti molti dei "luoghi" dell`autore: gli studenti, la politica, gli spazi urbani delle citta`, tra poveri sibborghi e quartieri della borghesia, l`interno del paese, la miseria.


come nasce la poesia? di quale misterioso lavoro e` l`esito? e qual e` il suo compito? chiunque si sia posto, almeno una volta, domande del genere potra` finalmente trovare in queste interviste - che coprono l`intero arco della vita di brodskij in esilio, dall`inizio degli anni settanta fino a poche settimane prima della morte improvvisa, avvenuta a new york nel 1996 - risposte di un`audace limpidezza. scoprira` cosi` che la poesia e` "uno straordinario acceleratore mentale", "lo scopo antropologico, o genetico" della nostra specie, e che non vi e` strumento migliore per "mostrare alla gente la visione reale della scala delle cose". scoprira`, poi, che quelli che ha sempre ritenuto imperscrutabili artifici tecnici - gli schemi metrici ad esempio sono in realta` "formule magiche", "magneti spirituali", capaci di incidere profondamente sulla poesia, al punto che un contenuto moderno espresso secondo una forma fissa (un sonetto, per intenderci) puo` sconvolgere quanto "una macchina che sfreccia contromano in autostrada". per di piu` brodskij sa illuminare anche il lavoro dei poeti che amava - auden, frost, kavafis, mandel`stam, achmatova, cvetaeva, milosz, herbert, per limitarci ai contemporanei - con una lucidita` mai disgiunta da una vibrante partecipazione: "non mi capita spesso di leggere qualcosa che mi dia una gioia cosi` intensa come quella che mi da` auden. e vera gioia, e con gioia non intendo un semplice piacere, perche` la gioia e` qualcosa di molto oscuro".
