


unico detentore del linguaggio e del pensiero astratto, l`uomo crede di poter estendere questa unicita` anche al suo assetto biomeccanico e alle sue facolta` sensoriali. in realta`, come dimostrano mark denny e alan mcfadzean in modo non di rado sconcertante, una cosi` tenace prospettiva antropocentrica ha fondamenta fragili e illusorie. il nostro scheletro non e` adatto alla locomozione quanto quello di molti quadrupedi. e ognuno dei nostri sensi, per quanto efficiente, mostra nel confronto con altre specie carenze sia strutturali che funzionali: l`occhio ha un`acutezza quattro volte inferiore a quella di un falco pellegrino; e lo stesso vale per olfatto, udito e gusto, dove veniamo surclassati, nell`ordine, da talpe, gufi e panda minori. persino le nostre piu` elaborate protesi tecnologiche, come quelle concepite per il volo, sembrano solo pallide imitazioni di congegni ingegneristici e cognitivi preesistenti: basti pensare all`ossatura robusta e leggera degli pteranodonti; al "veleggiamento dinamico" degli albatri, che permette di coprire lunghissime distanze con un minimo dispendio di energia; o all`orientamento nei colombi, "piattaforme volanti di rilevazione a distanza" dotate di strumentazione per la navigazione celeste, ricevitori acustici a banda larga, sensori di campo magnetico. percorrendo questa impressionante varieta` di soluzioni adattative, denny e mcfadzean risalgono all`incidenza delle leggi fisiche e matematiche e dei vincoli chimici sul processo evolutivo.


quando abbiamo in mano un oggetto, per esempio questo libro, ne sperimentiamo in primo luogo la consistenza materiale, ovvero il fatto che possegga una . in apparenza, niente di piu` stabile e rassicurante. eppure, se potessimo scendere via via nelle profondita` della materia (le fibre di cellulosa che compongono la carta, le molecole della cellulosa, gli atomi di ogni molecola...), ci accorgeremmo di come quella stabilita` sia ingannevole. le che compongono ogni atomo, infatti, non solo fluttuano nello , ma appaiono come uno in cui ogni specie manifesta proprieta` - almeno a un primo sguardo - . nello spiegare questa visione controintuitiva e paradossale, jim baggott da un lato risale alle varie concezioni della nella storia della ricerca filosofico-scientifica, dai pensatori greci alla meccanica newtoniana; dall`altro mette a fuoco le conseguenze profonde delle nuove conoscenze fisico-cosmologiche, dalla celebre scoperta di einstein per cui alle implicazioni del modello standard della fisica delle particelle: disponendo queste ultime entro l`azione dei , il modello standard assimila infatti la massa piu` a un che a una , e la rende elusiva e inafferrabile. in questa prospettiva spiazzante - che baggott trasmette con la consueta combinazione di chiarezza espositiva e verve stilistica - la posta in gioco e` molto piu` del concetto di massa: e` la natura stessa della materia, di un universo le cui fondamenta risultano molto meno di quello che abbiamo a lungo pensato.