
un invito rivolto a chi ne vuole fare un mestiere o a chi e` semplicemente curioso di sapere che cosa bolle nella pentola dell`archeologia. daniele manacorda insegna metodologia della ricerca archeologica all`universita` di siena. ha condotto numerose ricerche in italia e all`estero, occupandosi in particolare di storia dell`archeologia, di cultura materiale, di archeologia urbana.








"scrivevo poesie serie, tragiche" ha detto nel 1991 zbigniew herbert in un`intervista, paradossalmente deplorando l`abolizione della censura seguita alla caduta del muro. "adesso scrivo sul mio corpo, sulla malattia, sulla perdita del pudore". in questa nuova atmosfera lirica, infatti, il poeta i cui versi iosif brodskij aveva definito come "una nitida figura geometrica... incuneata a forza nella gelatina della mia materia cerebrale" (versi, aggiungeva, che il lettore si ritrova "marchiati a fuoco nella mente con la loro glaciale lucidita`") - ebbene, quello stesso poeta che era stato cosi` discreto, cosi` poco incline a parlare di se`, lascia spazio alle confessioni intime di un io che abita ormai "sull`orlo del nulla" e ci consegna una sorta di testamento spirituale. rimane, certo, il suo tono, quella "miscela di ironia, disperazione ed equilibrio" che gia` incantava brodskij; e rimangono i temi che sempre sono stati al centro della sua ricerca espressiva: la memoria come vicinanza al passato e alla tradizione, l`azione corrosiva del tempo, il viaggio come fonte di ispirazione: ma accanto a questi c`e` ora la stoica accettazione della sofferenza fisica e psicologica, accompagnata dalla gratitudine (cosi` si legge nelle esserne composizioni di breviario) per tutta "questa cianfrusaglia della vita" (e soprattutto, scrive, "per le pasticche di sonnifero dai melodiosi nomi di ninfe romane") - una vita che si lascia, tuttavia, con il "cuore pieno di rimpianto".








ha scritto la rochefoucauld nelle sue massime. la visione diretta della grande luce e del grande buio sono per noi intollerabili. si puo` essere ciechi per troppa luce o per troppo buio. per questo occorre abituarsi gradualmente all`una come all`altro. ed e` proprio cosi`, per gradi, che queste lezioni di tenebra ci portano al grande buio, al cuore nero della storia: auschwitz. in un racconto nutrito di biografia, che diventa anche biografia di una generazione, l`autrice esplora, pagina dopo pagina sempre piu` in profondita`, il rapporto con sua madre, l`unica di due famiglie numerose a essere sopravvissuta alla shoah, insieme al padre: ebrei polacchi, vissuti in germania, dove la figlia helena e` cresciuta sentendosi totalmente estranea al mondo tedesco e alla sua cultura, pur usandone la lingua. non soltanto una memoria sulla shoah, ma un resoconto appassionato e allo stesso tempo lucido che punta a misurare l`intensita` del contraccolpo nella generazione successiva. e il contraccolpo sta nell`impossibilita` di avere radici, nella confusione linguistica, nel bisogno disperato di appartenere e nella condanna crudele di sentirsi estranei, comunque e dovunque. sta nello stupore di fronte al destino, al male, alla sorte: .