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per vari secoli nel medio evo cristiano la presenza degli arabi e le loro conquiste nell`area mediterranea non produssero fratture, ne` gli arabi furono percepiti come barbari. eppure arabi ed europei non riuscirono a fondere una consapevole intesa: soprattutto da parte cristiana, animata da un istinto politico di rivalsa, fu eretta una barriera di ostilita`, prima religiosa e poi razziale, che doveva sfociare nella crociata. la crociata falli`, ma resto` la diffidenza tra i due mondi estranei uno all`altro, anche se l`occidente non manco` di attingere copiosamente alla cultura araba. assorbiti gli apporti arabi, gli europei rivendicarono sui seguaci di maometto una superiorita` religiosa, morale e culturale, giustificando cosi` l`ansia di un predominio impcrialistico. questo libro dipana, con lettura originale delle fonti, la vicenda di una progressiva e tragica incomprensione che dal medio evo ha prolungato i suoi effetti nefasti presso gli europei fino al tempo presente.

in questa nuova edizione il volume, fortemente innovativo per tesi, documentazione e metodo, ha segnato uno spartiacque negli studi sulla prima guerra mondiale. le riviste dell`eta` della "voce", i fogli interventisti, i diari di trincea e la letteratura sulla guerra: rileggendo questa sterminata produzione isnenghi ha ricostruito l`atteggiamento di una intera generazione di intellettuali italiani nei confronti dell`intervento e poi dell`esperienza bellica. da marinetti a papini, da prezzolini a gadda, da soffici a jahier, serra, malaparte, borgese, d`annunzio, la guerra si configura di volta in volta come occasione rigeneratrice per l`individuo e la societa`, come veicolo di protesta o, al contrario, antidoto alla lotta di classe. le molte facce del mito della grande guerra compongono in queste pagine uno spaccato di storia mentale, sociale, politica dell`italia nel passaggio dalla politica delle e`lites alla societa` di massa.

non sono solo le verita` o le idee ad avere una storia, ma anche il criterio stesso di vero e di falso. attingendo a platone, aristotele, pausania, paul veyne esamina i differenti "regimi di verita`" in vigore presso quegli stessi greci a cui i moderni fanno risalire la nascita della storia, della ragione, della scienza. ecco che la verita` si configura come l`effetto del variare dei rapporti e degli interessi; nessuna verita` e` migliore delle altre, e` semplicemente incommensurabile con le precedenti e le successive, perche` i suoi orizzonti mutano costantemente.

il libro traccia la parabola di un paese che nell`arco di solamente due secoli da piccolo e isolato divenne rapidamente la potenza dominante d`europa e del mondo e altrettanto rapidamente decadde. la narrazione prende le mosse dal 1469, allorche` il matrimonio dei "re cattolici" ferdinando e isabella unifico` i regni di castiglia e aragona, per passare alla politica di "reconquista" dei territori iberici in mano musulmana, alla scoperta dell`america e al conseguente instaurarsi di un impero immenso, che vive la sua stagione d`oro nel pieno cinquecento con i regni di carlo v e di filippo ii, e vertiginosamente decade nel corso del seicento.

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