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basta leggere che i versi giovanili di rimbaud sono minati da "negligenza e goffaggine"; che per penetrare la grandezza di tolstoj bisogna procedere oltre "quella cocciutaggine nel voler salvare la propria anima e se ne avanza l`altrui"; che l`"innominabile" di beckett, se puo` apparire eccezionale ai profani, rischia di far "sorridere familiarmente lo psichiatra"; bastano insomma queste poche sequenze di apparente irriverenza blasfema per capire che non siamo di fronte a un critico di routine o a un cauto professore. e solo in nome di una acuta tensione conoscitiva e mai per gratuito spirito di provocazione che questi microsaggi procedono spesso contromano rispetto alle quiete certezze di vulgata.

se il primo tomo comprendeva un`ampia selezione degli scritti dal 1856 al 1864, questo secondo documenta il passaggio all`universita` di lipsia e, soprattutto, un nuovo orientamento culturale: l`abbandono della teologia, abbracciata per compiacere la madre, a favore della filologia classica. di questa decisiva transizione offrono ampia testimonianza gli scritti qui raccolti.

come sempre candido e scaltro twain irride ogni cosa, dal governo centrale ai coyote e ci offre una sequenza di 79 capitoli che sono ciascuno un piccolo romanzo, con la prodigalita` di un giocatore di roulette che per una volta e` uscito dalla bisca per farsi ripulire. ogni capitolo e` una chiacchierata intorno al fuoco e la somma di queste chiacchiere e` un`epopea. twain ride per sopravvivere, e far sopravvivere, in mezzo agli orrori e allo splendore del west.

milano, futuro prossimo: una catena di omicidi inspiegabili dove i cadaveri sembrano opere d`arte. a risolvere il mistero e` chiamato nigredo, un uomo che ha alle spalle molti errori e che incontrera` eva, donna bellissima al centro di una strana comunita` di "diversi".

alla fine del novecento, fu annunciata in italia la "morte della patria". oggi assistiamo alla rinascita del culto della nazione, mentre molti temono tuttora una perdita dell`identita` nazionale. gli italiani, in realta`, non hanno mai avuto una comune idea di nazione, anche se fin dal risorgimento il mito di una grande italia ha influito sulla loro esistenza. sono state molte le italie degli italiani, divisi da ideologie antagoniste, sfociate talvolta in guerra civile. emilio gentile narra la storia del mito nazionale nelle sue varie versioni fino a spiegare le ragioni per le quali la nazione e` scomparsa dalla vita degli italiani per riapparire nell`italia d`oggi, con un incerto futuro.

il libro-manifesto di le corbusier, punto di riferimento per organizzare una citta` a misura d`uomo.

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