la notte in cui marion e shiva vengono al mondo, le rose della direttrice hirst sbocciano a incorniciare le finestre dell`ospedale di missing, addis abeba. rose rosse come il sangue che suor mary joseph, nella sala operatoria 3, sta perdendo a fiotti mentre cerca di dare alla luce i suoi gemelli, troppo sangue. tutto e` cominciato sette anni prima, quando una giovane indiana con gli occhi profondi raggiunge l`ospedale in cerca del dottor stone, chirurgo apprezzatissimo ma uomo impenetrabile, armata soltanto dei suoi voti a dio. da quel momento, a ogni operazione, suor mary joseph si lava le mani e si piazza di fronte a lui manovrando divaricatori e passando bisturi senza che il dottore debba pronunciare una sola parola. e a ogni operazione l`intesa fra loro cresce. la stessa intesa - quasi telepatica - che ora lega i gemelli, due maschietti che miracolosamente sopravvivono alla madre, morta di parto, e al padre che, sconvolto, fugge abbandonandoli. i bambini crescono nell`ospedale, fra l`autoclave che sibila come un drago e le cure di medici e infermiere che vi lavorano. entrambi si appassionano alla medicina, entrambi alla stessa donna: per questo marion, sconfitto, lascera` l`etiopia scossa da fermenti rivoluzionari per un poverissimo ospedale nel bronx. niente al mondo sembra poter ricucire la ferita senza perdono che si e` aperta tra i fratelli. niente, se non l`incontro improvviso con un padre mai conosciuto. nel racconto di una terra in cui il mito sembra emergere naturalmente dal quotidiano e di una famiglia che condensa in se` l`intera esperienza umana, verghese intreccia i fili della sua trama guidato dal desiderio "di mettere a nudo le anime, oltre che i corpi, dei personaggi" (the new york times). secondo shiva, vivere significa richiudere squarci. e` una metafora adatta alla nostra professione. ma esiste un altro tipo di squarcio: la ferita che divide una famiglia. a volte si apre al momento della nascita, a volte piu` tardi. stiamo tutti aggiustando que |