nel 1936, quando scrisse la storia dell`eternita`, borges lavorava in una biblioteca rionale dimenticata in un quartiere periferico di buenos aires, dove la topografia ortogonale della capitale argentina si frastagliava in terreni incolti e officine e ortaglie, e dove il tempo sembrava non passare mai. fu in quel periodo che si delinearono nella sua opera i tratti che oggi chiunque definirebbe, a colpo sicuro, borgesiani, e in primo luogo l`inclinazione a considerare tutto come materiale letterario. cosi`, per esempio, teologia e metafisica potevano diventare ai suoi occhi cronache della vita di un personaggio chiamato eternita`, del quale egli si proponeva di restituire, attraverso episodi ben vagliati, alcune delle fasi che punteggiavano una vita infinita. senza impedirsi, comunque, di accostare queste storie a divagazioni sulla metafora, sui traduttori delle mille e una notte e sull`arte dell`insulto. tale procedimento, usato da borges con discrezione e ironia, ha una straordinaria forza dissestante, nel senso che scalza ogni affermazione dal suo piedistallo di pretesa realta`, come se la realta` stessa non fosse che un genere letterario. e nel contempo ci introduce a un nuovo genere, di cui borges seppe essere, per un paradosso a lui congeniale, insieme il fondatore e l`epigono. |