"se leggere e` un vizio, non che scrivere sia una gran virtu`. un romanzo o un volumetto di versi sono merci non richieste. allora, perche` tanto scrivere invano? si diceva in tempo di grandi ottimismi che scrivere e` un`impellenza, che chi scrive e` obbligato a scrivere da un prepotente moto interiore. puo` darsi; quantunque sulla ambigua prepotenza dei moti interiori ci sarebbe molto da discutere". in ogni caso vittorio sermonti da piu` di sessant`anni e` anagraficamente uno scrittore: cioe` "uno degli happy few che debbono la propria miseria all`ostinato esercizio della scrittura". qui raccoglie, ordina, disordina il frutto multiforme del suo vizio, che non si limita a riflettere sui meccanismi segreti della poesia, ma si avventura a intervistare marco aurelio e giulio cesare, a redigere un paio di libretti d`opera, a tradurre in versi due classici di teatro, a scrivere racconti, epigrammi, aforismi e una tragica cronistoria del terremoto dell`irpinia. la voce e` sempre la sua, l`acume e` inconfondibile, l`intelligenza e` quella colta e libera di chi sta al mondo da ottantasei anni. un percorso sorprendente a ogni pagina, condotto "con la perseveranza, con l`abnegazione, con l`inconfessabile volutta`" con cui si coltivano i vizi piu` radicali. |