nel descrivere manet come il rampollo di velazquez o il figlio spirituale di goya, gli studiosi hanno per lungo tempo dato prova di pigrizia. secondo questa tesi, l`ispanismo sarebbe l`unica fonte della "modernita`" dell`artista francese, che grazie al modello spagnolo sarebbe riuscito a evitare l`enfasi e a precorrere il ventesimo secolo, sfuggendo alle trappole della tradizione accademica. tuttavia tale approccio, piuttosto semplicistico, si fonda su un`omissione significativa: la passione precoce e duratura di manet per l`arte italiana. le de`jeuner sur l`herbe e olympia, due variazioni liberamente ispirate a tiziano, dimostrano il legame di manet con l`italia, ma non sono le uniche testimonianze della fedelta` dell`artista a venezia, firenze e roma. "manet. ritorno a venezia", frutto della collaborazione tra la fondazione musei civici di venezia e il muse`e d`orsay, analizza per la prima volta le influenze nella pittura di manet dell`arte italiana, che l`artista ebbe modo di conoscere direttamente nel corso di tre viaggi al di la` delle alpi. alla fine del 1874, il pittore di le fifre e le balcon "fece ritorno a venezia" per ritrovarsi a contatto con carpaccio, tintoretto, guardi e longhi e ridestare cosi` il suo entusiasmo. le vedute del canal grande, ricche di blu profondi e di romantici neri, furono la sua risposta all`impressionismo nascente. |