in quella partitura frammentaria per pianola meccanica che si puo` considerare l`opera di guido ceronetti, la parola amore era stata fin qui accostata a ogni genere di condizione della mente e del corpo, tranne forse al piu` improbabile di tutti: la felicita`. e finalmente cominciamo a intuire perche`. se infatti le filosofie, le religioni e ogni altra forma di sapienza si affannano a smentire anche solo la possibilita` statistica di una congiunzione del genere, nell`universo del romanzo qualcosa come un amore felice, sostiene ceronetti, puo` invece esistere. anche se ha come quinta il contesto meno propizio, una citta` notturna e sinistra. anche se i suoi due protagonisti - un vecchio fotografo di guerra piegato dagli anni e dai dolori, aris, e una donna molto piu` giovane ma altrettanto segnata, ada - non sembrano adatti per la parte. e anche se contro il loro pericolante nirvana, per ragioni che sarebbe inopportuno svelare, cospira addirittura una razza di insetti alieni, che minaccia i cieli di tutte le citta` del mondo. fin qui, nessun lettore era in grado di prevedere con esattezza in quali abissi del pensiero un aforisma di ceronetti, anche il piu` innocente, lo avrebbe condotto. ora, invece, nessun lettore riuscirebbe a immaginare dove lo condurra` il racconto dell`unica felicita` che alla nostra specie sia dato toccare. |