ultimo dei drammi shakespeariani, "la tempesta" (1611) ha goduto di successo e popolarita` ininterrotta, entrando in sintonia con ogni epoca attraverso chiavi di lettura ogni volta diverse - segno questo di inesauribile ricchezza e vitalita`. apprezzata gia` nel settecento per il potenziale scenografico e musicale (ne fu tratta anche una versione operistica) e per la compattezza armoniosa della sua costruzione, amata in epoca romantica per la sua dimensione magica e onirica (un miracolo - diceva coleridge - che ha la complessita` e la polivalenza del mondo), l`isola de "la tempesta" mostra di volta in volta la favola utopica di un mago-scienziato onnipotente, il romance di una ritrovata finale armonia, una straordinaria riflessione sul gioco della illusione teatrale, e molte cose ancora. ma e` soprattutto il rapporto tra natura e cultura, con i suoi inquietanti risvolti storici e antropologici, che attraversa da sempre la lettura del dramma, e che lo rende oggi uno dei testi piu` amati, interrogati, rappresentati e ri-scritti, anche in paesi lontani e nelle culture cosiddette postcoloniali. il selvaggio mostruoso calibano, cui shakespeare sa regalare anche sogni e struggenti battute, diviene (insieme ad ariel, a prospero e miranda, e a tutti gli altri) luogo di uno scontro-incontro con il diverso-da-noi e con le nostre piu` profonde contraddizioni. |